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San Luigi e il fratello Rodolfo Gonzaga,
omicida del Signore della pieve di Dairago
omicida del Signore della pieve di Dairago
Tratto da: Gruppo di Ricerca Storica - Dairago,
L’antica madre. Studi sulla chiesa pievana di San Genesio e la comunità di Dairago, Dairago 2009.
L’antica madre. Studi sulla chiesa pievana di San Genesio e la comunità di Dairago, Dairago 2009.

A metà del Cinquecento i signori di Mantova discendevano dal ramo principale dei Gonzaga; i rami cadetti della famiglia invece signoreggiavano in diverse località del contado.
Al ramo di Luzzara apparteneva Rodolfo Gonzaga che lasciò poi i possedimenti feudali ai suoi due figli.
Uno di questi, Luigi Alessandro, divise a sua volta la propria parte di eredità tra i suoi tre figli.
Il primogenito Alfonso divenne così signore di Castel Goffredo; Ferrante di Castiglione delle Stiviere; Orazio di Solferino.
Il 22 giugno 1563 queste investiture furono ufficializzate da parte dell’Imperatore.
C'è da dire che la dinastia dei Gonzaga di Luzzara e Castiglione, a causa dei forti contrasti insiti nella natura dei suoi appartenenti, fu una delle più strane e contorte.
Si passava dalla santità di Luigi e delle sue tre nipoti, alla violenza delittuosa del capostipite Rodolfo, accusato di aver ucciso sia la prima che la seconda moglie, e del figlio di questi Luigi, nonno dell’omonimo santo, ritenuto responsabile dell’avvelenamento del Duca di Urbino nonchè complice nell’assassinio di Pier Luigi Farnese.
A questi si devono aggiungere Rodolfo, fratello dello stesso santo, omicida dello zio, e l’altro fratello Cristierno con il figlio e il nipote, noti per aver compiuto ogni tipo di scelleratezze, ingiustizie, delitti e crudeltà a Solferino per un intero secolo, e fermati solo dopo la violenta rivolta popolare del 1691 ed il successivo sequestro del principato da parte del commissario imperiale.
Ferrante Gonzaga, marchese di Castiglione delle Stiviere, passò la sua gioventù alla corte di Spagna e nel 1566 a Madrid sposò Marta Tana, dama della regina e figlia del conte di Santena, nel torinese. Il loro primogenito Aluigi nacque il 9 marzo 1568 a Castiglione e venne battezzato il 20 aprile successivo; padrino di battesimo fu il cugino Guglielmo, duca di Mantova e del Monferrato, mentre la madrina fu Ippolita Maggi, moglie di Alfonso Gonzaga marchese di Castel Goffredo e fratello di don Ferrante. Fin dall’infanzia Aluigi venne educato alla vita militare dal padre ammiraglio, che desiderava farne un principe ma anche un soldato forte. Nel 1577 Aluigi, assieme al fratello Rodolfo, fu avviato agli studi ed accolto alla corte di Firenze dal granduca Francesco de’ Medici. In questa città, all'età di nove anni e attirato dalla vita spirituale, fece voto di castità alla Madonna e da allora condusse una vita austera caratterizzata da penitenze e digiuni. Nel frattempo il padre Ferrante Gonzaga ricevette il titolo onorifico di principe del Sacro Romano Impero e il Duca di Mantova lo nominò governatore del Monferrato. Sia Aluigi che Rodolfo ereditarono dal padre un temperamento portato all’ira tipica “gonzaghina”. Nell’estate del 1580 il cardinale Carlo Borromeo in visita alla diocesi di Brescia, alla quale apparteneva all'epoca anche Castiglione delle Stiviere, decise per un’imprevista sosta presso il marchese Ferrante e, proprio in quell’occasione, il 22 luglio, somministrò la Prima Comunione al dodicenne Aluigi |
Nel 1581, su invito del Re di Spagna, don Ferrante con la famiglia accompagnò l’imperatrice Maria d’Austria in quella corte. A Madrid Aluigi proseguì gli studi superiori ed ebbe contatti con i padri gesuiti, manifestando il desiderio di entrare a far parte della Compagnia di Gesù, con grande disappunto del padre che indusse il ragazzo a scappare di casa.
Rientrati in Italia nel 1584, i fratelli Gonzaga vennero mandati in visita di cortesia in diverse corti italiane. Aluigi aveva ormai maturato la sua scelta di abbracciare la vita religiosa e riuscì, dopo alterne vicende, a vincere le resistenze paterne e a strappare il permesso per seguire la propria vocazione.
Ottenuti i necessari visti della corte imperiale di Praga e alla presenza degli altri Gonzaga, il 2 novembre 1585, il quasi diciottenne Aluigi giurò solennemente di cedere al fratello Rodolfo il diritto di primogenitura, rinunciando ai privilegi, alle ricchezze e al marchesato. Il 25 novembre dello stesso anno entrò nel noviziato dei Gesuiti a Roma. Qualche mese più tardi, il 13 febbraio 1586, morì il padre don Ferrante.
Il giovane Gonzaga si segnalò per umiltà, profitto negli studi e preghiera, cosicché nel 1588 ricevette la tonsura e gli ordini minori.
Nei primi mesi del 1591 scoppiò a Roma un’epidemia di tifo petecchiale, Aluigi o più modernamente Luigi, come ormai si firmava, fu tra i primi a offrirsi per curare i malati più poveri e bisognosi, contraendo così il morbo che lo portò alla morte il 21 giugno 1591, all’età di soli 23 anni.
Tanto Luigi esaltò la carità, portata fino al limite dell’estremo sacrificio, quanto suo fratello Rodolfo espresse con crudo realismo la manifestazione spietata di un’ambizione senza ritegni: si può dire che assieme costituiscano la rappresentazione emblematica della loro linea genealogica.
Una prima grave lite Rodolfo la ebbe nel 1589 col Duca di Mantova per la successione alla signoria di Solferino, dopo la morte del feudatario Orazio Gonzaga che aveva lasciato ogni suo possesso in eredità al duca Vincenzo I. Rodolfo, allora ventenne, rivendicò l’eredità in qualità di nipote e solo l’intervento di Luigi, richiamato da Roma, riuscì ad ammansire i contendenti e a comporre il dissidio.
La signoria di Solferino andò così a Cristierno, uno dei fratelli di Rodolfo e Luigi; in cambio Rodolfo fu costretto dallo stesso Luigi a rendere pubblico il suo legame contratto con la quindicenne Elena Aliprandi, figlia del suo zecchiere, da lui rapita e poi sposata segretamente all’insaputa anche della madre che riteneva vivesse in concubinato, tra lo scandalo del popolo e lo sgomento dei parenti. Ciò era sembrato necessario a Rodolfo, sia per la disparità di condizione sociale della sposa sia per non incorrere nello sdegno dello zio Alfonso di Castel Goffredo, dal quale doveva ereditare il feudo, sposandone l’unica figlia ancora maritabile.
Ben 13 delle 40 lettere conservate di san Luigi sono dirette al soccorso di Rodolfo.
Anche Alfonso signore di Castel Goffredo seguì la carriera militare nell’esercito spagnolo e rimase assente a lungo dal suo dominio, dove nel frattempo, per 15 anni, governò la madre Caterina Anguissola, fino a quando, nel 1565, il figlio ormai maggiorenne fu investito del feudo.
Nello stesso anno, dopo il suo rientro dalla Spagna, Alfonso si stabilì a Milano dove sposò, nell’agosto 1567, Ippolita Maggi figlia di Cesare, la ricchissima feudataria della pieve di Dairago,con una cerimonia officiata dal parroco di Vanzaghello nella chiesa del paese.
In sei delle già citate lettere di san Luigi sono menzionati affettuosamente lo zio Alfonso e la moglie Ippolita.
Caterina portò in dote una casa in porta Vercellina a Milano, il feudo di Vanzaghello, le proprietà di Magnago, Lonate Pozzolo, S. Antonino, Castano Primo, Cuggiono, Tornavento, Tinella, Nosate e Castelletto.
Tali beni sarebbero passati in seguito al figlio, cardinale Giangiacomo Teodoro Trivulzio principe di Mesocco, che ricoprì diverse e importanti cariche politiche: viceré d’Aragona, capitano generale di Sicilia, viceré di Sardegna e infine governatore e capitano generale dello Stato di Milano.
L’azione penale per gli omicidi di Alfonso e Rodolfo si concluse nel 1597, allorché il Senato di Mantova condannò i responsabili dell’uccisione di Alfonso a essere squartati e appesi nel luogo del delitto, mentre fu assolto l’indiziato per la morte di Rodolfo, per aver ammazzato un usurpatore e tiranno.
La questione della successione nel dominio di Castel Goffredo fu risolta nel 1602, con un accordo in base al quale il feudo entrò a far parte del Ducato di Mantova, mentre a Francesco Gonzaga, un altro dei fratelli minori di Luigi, venne ceduto il possesso di Medole.
Elena Aliprandi, la vedova di Rodolfo, fu aiutata dal duca Vincenzo e nel 1596 si risposò col marchese Claudio Gonzaga.
Le sue prime tre figlie avute da Rodolfo: Cinzia, Olimpia e Gridonia, rinunciarono a tutti i loro beni in favore dello zio Francesco e si consacrarono a Dio; nel 1608 fondarono nella vecchia casa Aliprandi il “Nobile collegio delle Vergini di Gesù”, dedicandosi a opere di pietà e passando la vita in penitenza.
Le salme delle tre sorelle sono oggi visibili nella basilica di Castiglione delle Stiviere, dove è venerato anche il teschio di San Luigi.
Luigi Gonzaga fu beatificato nel 1605 da Paolo V e nel 1726 fu canonizzato da Benedetto XIII che lo proclamò patrono della gioventù.