Articoli correlati: |
di Franco Bertolli
editing Roberto Bottiani
editing Roberto Bottiani
Oratorio di San Pietro Apostolo
“Siamo tre suore, non sappiamo leggere, lavoriamo la terra, diamo pane vino minestra e ospitalità ai pellegrini”: questo dichiararono nel 1455 le agostiniane di San Pietro Apostolo all’arcivescovo Gabriele Sforza in visita pastorale. Il loro convento di Lonate, citato nei documenti a partire dal 1389, aveva dunque la peculiarità di essere anche un ospizio. Abbandonarono questo servizio nel Cinquecento quando passarono a vita claustrale: allora il convento meritò il nome di monastero. La chiesa del convento è documentata dal 1490. L’arcivescovo Carlo Borromeo nel 1567 unì le 15 monache di San Pietro e le loro 500 pertiche di terra alle monache e al patrimonio di Santa Maria in contrada Borgo, oggi via Roma; nel 1570 assegnò la chiesa ad una confraternita di Disciplini. Aula di metri 19x7, la chiesa di San Pietro aveva la facciata su un vicolo dove si allargava a formare una piazzetta; aveva due finestre nella facciata e tre nella parete meridionale, aveva l’altare ancora di legno. |
I Disciplini vi si radunavano nei giorni di festa per recitare l’ufficio della Madonna, indossando un sacco penitenziale di canapa bianca. Essi adattarono la chiesa alle loro esigenze e la abbellirono, animati dal fatto che il gruppo era in crescita: 29 soci nel 1575, 55 nel 1622. Fra il 1583 e il 1596 fecero istallare il coro sopra la porta d’ingresso ed eseguire la decorazione del presbiterio; entro il 1622 fecero costruire un campaniletto a nord del presbiterio e la sagrestia a sud; poi, durante il Seicento, vollero di marmo l’altare. Degli affreschi che abbellivano la chiesa, oggi rimangono soltanto quelli del presbiterio, certamente l’area meglio ornata. Sono invece perduti gli affreschi dislocati lungo la navata, sottoposta negli ultimi due secoli a forti modificazioni. I Disciplini tennero San Pietro per due secoli, fino all’anno 1783, quando un decreto del governo austriaco sciolse questa e tante altre confraternite, incamerandone i beni. Per qualche anno la chiesa servì per la Dottrina Cristiana ed al Luogo Pio della Carità, una istituzione lonatese che traeva origine dai consorzi medievali di mutua assistenza. Poi, in epoca napoleonica, venne “profanata”, cioè venduta a privati e ridotta ad usi civili. Prima del 1856 dalla navata si ricavarono vani abitativi e, per demolizione, un piccolo cortile. Nonostante i copiosi segni del sacro, lo stesso presbiterio venne adibito ad abitazione e magazzino, e diviso a mezz’altezza da un impiantito di legno. Dopo vari passaggi di proprietà, nel 1977 quella congerie di ambienti venne acquisita dai signori Bollazzi i quali, accingendosi alla ristrutturazione, si premurarono di isolare e salvare il presbiterio con gli affreschi e gli stucchi, facendo successivamente, nel 1991, intervenire una restauratrice e dotando l’ambiente di illuminazione elettrica idonea. |
Oggi sulle pareti già del presbiterio sono ancora ben leggibili molti affreschi: la Consegna delle chiavi all’apostolo Pietro, una Madonna col Bambino affiancata da San Pietro e San Paolo, i martiri Nazaro e Celso, compatroni di Lonate; nelle lunette soprastanti l’Adorazione dei Magi, l’Incoronazione della Vergine ed i profeti Davide ed Isaia. Sulla volta, entro riquadri, una folla di figure: otto angeli, cinque sibille, gli Evangelisti a due a due, i Padri della Chiesa latina; sotto l’arco che divideva la zona dell’altare dalla navata, i Misteri del Rosario. Il linguaggio figurativo è fortemente didascalico. Nel pittore si coglie l’impegno di dare coerenza all’insieme, sia dal punto di vista compositivo che da quello cromatico, e di definire nel modo più chiaro possibile episodi e personaggi. Se non direttamente ai fratelli Luini, questo ciclo di dipinti può essere attribuito al loro ambito. |
Uno stuccatore incorniciò i dipinti, per renderli più importanti, e si riservò di modellare in gesso il Padre eterno benedicente, che venne poi colorato in modo da legarsi convenientemente con le pitture. Preesistente era la Madonna con il Bambino, noto come la Madonna del latte, a fianco della quale il pittore scelto dai Disciplini pose le figure di Marta e di Maria Maddalena, che infatti corrispondono ai modi espressi in tutte le altre figure del presbiterio. Oggi, nascosta tra le abitazioni di una contrada secondaria, la piccola stanza tutta dipinta costituisce indubbiamente una gradita sorpresa per chi ha la sorte di entrarvi. Bibliografia: Bertolli F., Chiese minori, oratori di culto, cappelle campestri, in Lonate Pozzolo, storia arte società, Nicolini editore, Gavirate 1985, pp. 140-142. Pacciarotti G., Due secoli di pittura a Lonate, ibidem, p. 262. Bertolli F., Pacciarotti G., Oratorio di San Pietro in Lonate Pozzolo: la storia, gli affreschi, (Lonate Pozzolo) 1994 (pieghevole) |
Chiesa di Santa Maria degli Angeli
L’attuale tempio sorge sull’area della precedente chiesa di Santa Maria, dell’omonimo monastero di suore agostiniane, risalente al tardo Medioevo. Giudicata “grande e bella” dal visitatore ecclesiastico inviato nel 1564 dal cardinale Carlo Borromeo, la chiesa era articolata in due parti: la parte esterna accessibile alla popolazione, e quella interna., dietro l’altare, riservata alle monache.
Davanti alla chiesa stava la piazza, dove si teneva il mercato settimanale e sulla quale si affacciavano la ‘casa’ del comune e la residenza dei feudatari (i Visconti di Somma). Di questa chiesa, demolita nel 1625 per far posto alla nuova, rimangono alcune testimonianze cinquecentesche: il pulpito, il crocifisso, i reliquiari di legno dorato.
Davanti alla chiesa stava la piazza, dove si teneva il mercato settimanale e sulla quale si affacciavano la ‘casa’ del comune e la residenza dei feudatari (i Visconti di Somma). Di questa chiesa, demolita nel 1625 per far posto alla nuova, rimangono alcune testimonianze cinquecentesche: il pulpito, il crocifisso, i reliquiari di legno dorato.
La nuova chiesa sorse per mecenatismo della famiglia milanese Sacchi, che aveva nel monastero una parente, di nome Costanza Maria. Attestano il mecenatismo una lapide nel transetto sinistro e lo stemma Sacchi nelle modanature del bel tabernacolo di marmo, forse opera di un Giorgio Fossati.
La lapide murata nel braccio opposto del transetto ricorda che la chiesa fu consacrata nel 1628 dall'arcivescovo Federico Borromeo.
Prese il titolo di Santa Maria degli Angeli dalla pala d’altare, di pittore anonimo del tempo, che raffigura la Madonna con il Bambino attorniata e
incoronata da sette angeli.
La facciata della chiesa è particolarmente elaborata, dovendo fungere da fondale della piazza. Presenta nicchie, colonne, lesene decorate con mensole a ricciolo, un timpano singolare, la statua della Madonna sulla cuspide e pinnacoli ai lati. Sulla destra il campanile,
presumibilmente costruito insieme alla chiesa, propone nella parte terminale modanature di gusto settecentesco.
L’interno si presenta a pianta centrale, quasi a croce greca, con i due bracci laterali più corti. Lo spazio centrale è un quadrato ad angoli smussati, le lesene hanno capitelli ionici, il cornicione è robusto a dentelli, e gli archi di grande sviluppo conferiscono alla struttura ampio respiro. La copertura del vano centrale è a calotta sferica ribassata, quella dei bracci laterali a botte cilindrica. L’altare presenta cornici elaborate di gusto secentesco.
Sono indizi della chiesa interna, un tempo riservata alle religiose, lo sportello a sinistra dell’altare, per la comunione, e il vano con il Cristo morto, sopra la mensa. La balaustra dell’altare è settecentesca, a marmi intarsiati policromi.
All’interno della chiesa spiccano una statua lignea della Madonna a grandezza naturale, di fattura settecentesca, e soprattutto una bella tela secentesca firmata dal pittore transalpino Cristoforo Storer raffigurante la Crocifissione di San Pietro, di particolare interesse.
Ad est e a sud della chiesa si sviluppava il monastero, non strutturato in forma di quadriportico ma di corpi eterogenei giustapposti. Soppresso il monastero nel 1784 per decreto governativo, la chiesa interna fu venduta a privati e nel 1870 fu incorporata in una filanda, quest’ultima trasformata dopo il 1930 in grande caseggiato di abitazioni popolari; elementi architettonici del monastero rimangono visibili a sud della chiesa esterna che funzionò come sussidiaria della parrocchiale.
Durante il Novecento Santa Maria servì soprattutto all’oratorio maschile prima e femminile poi. Nel 1964 ebbe rinnovati il pavimento del presbiterio e il portone d’ingresso, cui fu anteposta nel 1981-82 una cancellata protettiva in ferro battuto.
La lapide murata nel braccio opposto del transetto ricorda che la chiesa fu consacrata nel 1628 dall'arcivescovo Federico Borromeo.
Prese il titolo di Santa Maria degli Angeli dalla pala d’altare, di pittore anonimo del tempo, che raffigura la Madonna con il Bambino attorniata e
incoronata da sette angeli.
La facciata della chiesa è particolarmente elaborata, dovendo fungere da fondale della piazza. Presenta nicchie, colonne, lesene decorate con mensole a ricciolo, un timpano singolare, la statua della Madonna sulla cuspide e pinnacoli ai lati. Sulla destra il campanile,
presumibilmente costruito insieme alla chiesa, propone nella parte terminale modanature di gusto settecentesco.
L’interno si presenta a pianta centrale, quasi a croce greca, con i due bracci laterali più corti. Lo spazio centrale è un quadrato ad angoli smussati, le lesene hanno capitelli ionici, il cornicione è robusto a dentelli, e gli archi di grande sviluppo conferiscono alla struttura ampio respiro. La copertura del vano centrale è a calotta sferica ribassata, quella dei bracci laterali a botte cilindrica. L’altare presenta cornici elaborate di gusto secentesco.
Sono indizi della chiesa interna, un tempo riservata alle religiose, lo sportello a sinistra dell’altare, per la comunione, e il vano con il Cristo morto, sopra la mensa. La balaustra dell’altare è settecentesca, a marmi intarsiati policromi.
All’interno della chiesa spiccano una statua lignea della Madonna a grandezza naturale, di fattura settecentesca, e soprattutto una bella tela secentesca firmata dal pittore transalpino Cristoforo Storer raffigurante la Crocifissione di San Pietro, di particolare interesse.
Ad est e a sud della chiesa si sviluppava il monastero, non strutturato in forma di quadriportico ma di corpi eterogenei giustapposti. Soppresso il monastero nel 1784 per decreto governativo, la chiesa interna fu venduta a privati e nel 1870 fu incorporata in una filanda, quest’ultima trasformata dopo il 1930 in grande caseggiato di abitazioni popolari; elementi architettonici del monastero rimangono visibili a sud della chiesa esterna che funzionò come sussidiaria della parrocchiale.
Durante il Novecento Santa Maria servì soprattutto all’oratorio maschile prima e femminile poi. Nel 1964 ebbe rinnovati il pavimento del presbiterio e il portone d’ingresso, cui fu anteposta nel 1981-82 una cancellata protettiva in ferro battuto.
Bibliografia:
Bertolli F., Chiese minori, oratori di culto, cappelle campestri, in Lonate Pozzolo, storia arte società, Nicolini editore, Gavirate 1985, pp. 131-135.
Pacciarotti G., Due secoli di pittura a Lonate, ibidem, pp. 262, 269-272.
Bertolli F., Chiese minori, oratori di culto, cappelle campestri, in Lonate Pozzolo, storia arte società, Nicolini editore, Gavirate 1985, pp. 131-135.
Pacciarotti G., Due secoli di pittura a Lonate, ibidem, pp. 262, 269-272.