Di Giuseppe Castoldi
Editing Roberto Bottiani
Editing Roberto Bottiani
Dalle origini al 1810 (fine della proprietà Corio) - Il primo nucleo dell’attuale Villa Rusconi fu con tutta probabilità la residenza dei feudatari, eretta forse già verso la fine del ‘400. Secondo lo storico padre Virginio Martinoni il palazzo feudale dei Visconti - i signori che tennero il feudo di Castano anche per lunghi periodi ininterrotti – sorgeva sicuramente sull’area della Villa. Non sempre i successivi proprietari del palazzo furono i feudatari del luogo (ricordiamo che nel tardo ‘700 il sistema feudale andò via via decadendo e venne definitivamente abolito con l’arrivo dei Francesi nel 1796). Dal 1526 al 1656 non si hanno notizie precise riguardo ai proprietari del palazzo.
Nel 1656 l’edificio passò dai Visconti ai Corio, portato in dote da Barbara Visconti che sposò Giuseppe Corio. Una traversa in granito, collocata raso terra subito a sinistra appena varcato il cancello di corso Roma, reca la data 1656 e lo stemma dei Corio con il leone rampante che diede il nome alla “corsia del Leone” - antica denominazione di corso Roma usata ancora pochi decenni fa dagli anziani. Uno stemma della stessa famiglia è posto su un pilastro del cancello d’ingresso al parco in via Villoresi.
Verso la fine del ‘600 il palazzo fu ampliato dal giurista Gian Giacomo Corio. Per tutto il ‘700 rimase di proprietà della famiglia e non fu residenza dei feudatari; ad esempio pare che non abbiano mai abitato qui don Antonio Nuño de Portugal, conte de la Puebla Colòn, investito del feudo di Castano e Buscate da parte dell’Imperatore Carlo VI nel 1717, né il suo parente marchese Pietragrassa, ultimo feudatario di Castano. Nelle mappe settecentesche l’isolato in cui sorge l’edificio appare diviso in due settori: un settore Ovest comprendente la villa, lo spazio antistante ed un vasto giardino, ed il settore Est inizialmente occupato anch’esso da un giardino e successivamente occupato nel corso del secolo XIX dalla graduale costruzione dei fabbricati che avrebbero ospitato la filanda. La mappa del 1722 ci mostra l’edificio già con l’attuale conformazione a U, solo che nella parte centrale della facciata, in corrispondenza del porticato e del soprastante loggiato che vennero realizzati più tardi, presenta una rientranza. A Est, nella parte retrostante a destra guardando la facciata, c’era ancora un grande giardino, in un’area che oggi appare totalmente edificata). Nel 1810, alla morte di un marchese Giuseppe figlio di Carlo, i beni passarono in eredità a due figli minori, affidati alla tutela dello zio don Paolo Bianchi. Quest’ultimo, per ripianare i debiti, nel 1815 vendette la proprietà al milanese Giovan Battista Bellati.
Nel 1656 l’edificio passò dai Visconti ai Corio, portato in dote da Barbara Visconti che sposò Giuseppe Corio. Una traversa in granito, collocata raso terra subito a sinistra appena varcato il cancello di corso Roma, reca la data 1656 e lo stemma dei Corio con il leone rampante che diede il nome alla “corsia del Leone” - antica denominazione di corso Roma usata ancora pochi decenni fa dagli anziani. Uno stemma della stessa famiglia è posto su un pilastro del cancello d’ingresso al parco in via Villoresi.
Verso la fine del ‘600 il palazzo fu ampliato dal giurista Gian Giacomo Corio. Per tutto il ‘700 rimase di proprietà della famiglia e non fu residenza dei feudatari; ad esempio pare che non abbiano mai abitato qui don Antonio Nuño de Portugal, conte de la Puebla Colòn, investito del feudo di Castano e Buscate da parte dell’Imperatore Carlo VI nel 1717, né il suo parente marchese Pietragrassa, ultimo feudatario di Castano. Nelle mappe settecentesche l’isolato in cui sorge l’edificio appare diviso in due settori: un settore Ovest comprendente la villa, lo spazio antistante ed un vasto giardino, ed il settore Est inizialmente occupato anch’esso da un giardino e successivamente occupato nel corso del secolo XIX dalla graduale costruzione dei fabbricati che avrebbero ospitato la filanda. La mappa del 1722 ci mostra l’edificio già con l’attuale conformazione a U, solo che nella parte centrale della facciata, in corrispondenza del porticato e del soprastante loggiato che vennero realizzati più tardi, presenta una rientranza. A Est, nella parte retrostante a destra guardando la facciata, c’era ancora un grande giardino, in un’area che oggi appare totalmente edificata). Nel 1810, alla morte di un marchese Giuseppe figlio di Carlo, i beni passarono in eredità a due figli minori, affidati alla tutela dello zio don Paolo Bianchi. Quest’ultimo, per ripianare i debiti, nel 1815 vendette la proprietà al milanese Giovan Battista Bellati.
Le vicende dell’800: inizia l’epoca delle filande - Nel giardino della proprietà, nell’area poc’anzi indicata, verso via San Gerolamo, venne presto installata una filanda, detta “filanda bassa”. Inizia in questo periodo lo sviluppo di un settore produttivo, quello della seta, che sarebbe diventato molto importante nell’economia castanese nell’arco di oltre un secolo, un settore che è indissolubilmente legato alla storia dei Rusconi. La famiglia Bellati si era tuttavia venuta a trovare in una pesante situazione debitoria, ragion per cui nel 1827 i tre figli di Giovan Battista vendettero la villa, il giardino, la filanda e altri beni in Castano e nei paesi vicini ai cugini Giovanni e Francesco Rogorini. Questi ampliarono l’opificio ma dopo pochi anni vendettero a loro volta la proprietà a Giuseppe e Francesco Corti. Questi imprenditori milanesi acquistarono altri edifici e terreni adiacenti al giardino, posti a sud-est, per costruirvi nel 1846 un nuovo corpo di fabbrica (la “filanda alta”, l’edificio che nel secolo successivo sarebbe diventato sede del calzificio) destinato ad ospitare una moderna filanda a vapore progettata da Filippo Taylor di Marsiglia. Nel 1873 si registra un nuovo passaggio di proprietà: i figli del Corti cedettero il complesso a Giuseppe Ronchetti, altro industriale del settore serico, che ampliò lo stabilimento a spese del giardino e costruì una ciminiera, della quale oggi rimane solo la base.. Un grande disegno di fine ‘800, conservato nella Villa, raffigura in maniera sostanzialmente realistica una visione panoramica di tutto l’isolato, con il palazzo, i giardini superstiti le filande e le corti d’abitazione.
Giuseppe Rusconi fa rinascere il palazzo - Finalmente nel 1923 il complesso venne acquistato da Giuseppe Rusconi, che si propose di riscattare la villa dall’incuria e dalla decadenza riportandola all’antico splendore (in precedenza si ammucchiavano addirittura i bozzoli nel salone d’onore). I lavori di restauro furono affidati all’architetto Farina, il quale, pur mantenendo fondamentalmente la struttura dell’edificio, apportò alcune innovazioni come l’apertura di un loggiato trabeato al “piano nobile” al centro della facciata, sopra il portico d’ingresso, e la realizzazione del soprastante fastigio con orologio. Nel salone centrale al piano terreno si aprì un passaggi a tre luci nella parete Ovest e le travi in legno vennero sostituite con travi in calcestruzzo, anch’esse però provviste di un rivestimento ligneo. Dagli intonaci delle pareti interne emersero antichi affreschi seicenteschi che furono restaurati e valorizzati. I lavori di restauro della Villa si protrassero per un decennio, con l’intervento di artigiani esperti che curarono la realizzazione dei serramenti, dei pavimenti, delle decorazioni murali, ecc…. Raffinati arredi d’epoca, lampadari di cristallo, tappeti, preziosi soprammobili ed opere d’arte di grande pregio completarono l’opera, conferendo al palazzo un’aura di sontuosità che cancellava completamente la precedente situazione di degrado. C’erano la sala della musica, la sala da pranzo, quella del biliardo, quella delle armi, la biblioteca, le camere padronali, la cappella, oltre a numerosi ambienti di servizio e alle stanze per i domestici. Furono sistemati i giardini, in uno dei quali venne realizzato un campo da tennis. In entrambi vennero collocate delle statue settecentesche, portate qui da una villa veneta, raffiguranti le Muse. Nel corso dei lavori venne individuato un passaggio sotterraneo che portava alla vicina “Torre dell’Uva”, antico edificio dotato forse di una qualche funzione pubblica che si trova appena attraversato il corso Roma.
Alcune foto di Villa Rusconi dopo il restauro
Le Filature G.Rusconi di Castano Primo
Villa Rusconi nel periodo della guerra e del dopoguerra - Durante la seconda Guerra mondiale alcuni ambienti della Villa furono requisiti dai militari tedeschi. Successivamente si insediò qui il comando del Gruppo Aerosiluranti Buscaglia, facente parte dell’Aeronautica della Repubblica Sociale Italiana, che dal vicino Campo della Promessa partiva per incursioni contro le navi britanniche nel Mediterraneo. Il gruppo venne poi intitolato a Carlo Faggioni, il comandante morto in un’azione nel 1944 insieme ad altri piloti che si erano stabiliti a Castano, e il comando fu preso da Marino Marini. Tra un’azione e l’altra il nuovo comandante cercava di offrire ai suoi uomini delle occasioni di relax organizzando in Villa Rusconi spettacoli ed intrattenimenti ai quali partecipavano anche i padroni di casa. Ad uno spettacolo intervennero due musicisti già famosi a quel tempo: Gorni Kramer e Natalino Otto. Dopo il 25 aprile tutto il personale, dopo aver sabotato gli apparecchi, si concentrò a Castano. Qui, una volta consegnate le armi ai membri della Resistenza, furono lasciati liberi di allontanarsi.
La Villa viene acquistata dal Comune - Nel dopoguerra la Villa rimase di proprietà della famiglia Rusconi che ne ebbe grande cura, mantenendola in ottime condizioni. Nel 1961 l’architetto milanese Carlo Perogalli, docente al Politecnico, la visitò e la descrisse in termini lusinghieri in un articolo, evidenziando soprattutto il suo parco retrostante, quello che dà su via Villoresi, definito come “il più bell’esempio di giardino all’italiana che sia dato incontrare in questa zona”. Solo alla fine degli anni ’60 i Rusconi, i cui discendenti ormai gravitavano su Milano, si decisero ad alienare la loro proprietà vendendola nel maggio 1970 al Comune di Castano,con tutti gli arredi e le opere d’arte. Il Comune intraprese dei lavori di ristrutturazione per potere utilizzare alcune parti dell’immobile. Nell’ala verso corso Roma, un tempo occupata da locali di servizio vennero collocati ambulatori ed uffici dei servizi sanitari. A partire dal 1981 qui ebbe la sua sede ufficiale l’Unita Socio Sanitaria Locale n.71 (USSL) di Castano Primo. Nella ex-sala del bigliardo, ambiente che si affacciava su un cortiletto accessibile da corso Roma, fu collocata la sede del Distretto Scolastico n.70, altro importante organismo di interesse sovra comunale, mentre la Biblioteca civica fu trasferita qui dal palazzo comunale di piazza Mazzini e sistemata in quattro sale nella parte opposta del piano terreno del corpo centrale. Nella limonaia del giardino anteriore vennero sistemate le 14 tele della Via Crucis di Gaetano Previati. Il salone centrale del piano terreno e la retrostante sala del camino furono spesso utilizzati per mostre di pittura ed altre manifestazioni culturali, ma tutto il piano superiore rimase inutilizzato. Nel corso degli anni si verificarono diverse visite di ladri che causarono la perdita di pregevoli pezzi d’arredo. Ad un certo punto il Comune decise di alienare tutti gli arredi d’epoca superstiti di minor pregio, mantenendo però alcuni pezzi più notevoli come il grande tavolo tuttora presente nella sala del camino.
La Villa viene acquistata dal Comune - Nel dopoguerra la Villa rimase di proprietà della famiglia Rusconi che ne ebbe grande cura, mantenendola in ottime condizioni. Nel 1961 l’architetto milanese Carlo Perogalli, docente al Politecnico, la visitò e la descrisse in termini lusinghieri in un articolo, evidenziando soprattutto il suo parco retrostante, quello che dà su via Villoresi, definito come “il più bell’esempio di giardino all’italiana che sia dato incontrare in questa zona”. Solo alla fine degli anni ’60 i Rusconi, i cui discendenti ormai gravitavano su Milano, si decisero ad alienare la loro proprietà vendendola nel maggio 1970 al Comune di Castano,con tutti gli arredi e le opere d’arte. Il Comune intraprese dei lavori di ristrutturazione per potere utilizzare alcune parti dell’immobile. Nell’ala verso corso Roma, un tempo occupata da locali di servizio vennero collocati ambulatori ed uffici dei servizi sanitari. A partire dal 1981 qui ebbe la sua sede ufficiale l’Unita Socio Sanitaria Locale n.71 (USSL) di Castano Primo. Nella ex-sala del bigliardo, ambiente che si affacciava su un cortiletto accessibile da corso Roma, fu collocata la sede del Distretto Scolastico n.70, altro importante organismo di interesse sovra comunale, mentre la Biblioteca civica fu trasferita qui dal palazzo comunale di piazza Mazzini e sistemata in quattro sale nella parte opposta del piano terreno del corpo centrale. Nella limonaia del giardino anteriore vennero sistemate le 14 tele della Via Crucis di Gaetano Previati. Il salone centrale del piano terreno e la retrostante sala del camino furono spesso utilizzati per mostre di pittura ed altre manifestazioni culturali, ma tutto il piano superiore rimase inutilizzato. Nel corso degli anni si verificarono diverse visite di ladri che causarono la perdita di pregevoli pezzi d’arredo. Ad un certo punto il Comune decise di alienare tutti gli arredi d’epoca superstiti di minor pregio, mantenendo però alcuni pezzi più notevoli come il grande tavolo tuttora presente nella sala del camino.
Dall’incendio alla rinascita: Villa Rusconi oggi – Nella notte tra il 29 ed il 30 aprile 1992 divampò un furioso incendio, originato forse da una stufetta elettrica lasciata inavvertitamente accesa, che causò una grave devastazione, soprattutto nella parte verso corso Roma. Crollarono il tetto e diversi solai e andarono in cenere il grande scalone in legno, i serramenti, le tappezzerie, numerosi arredi, tanto che in alcune parti dell’edificio rimasero solo i muri. Fortunatamente la parte Est fu meno colpita, così che il patrimonio librario della Biblioteca, compresi i preziosi volumi del già citato Fondo Rusconi, furono risparmiati dal fuoco. Ne uscì indenne, miracolosamente, anche la Via Crucis. Oltre che dalle fiamme, però, molti danni furono prodotti anche dall’acqua di spegnimento usata ai pompieri o caduta con le piogge dei giorni successivi, che causò il dilavamento di molte pitture.
Andò distrutto anche l’affresco settecentesco di Domenico Riccardi, che era stato strappato dalla prepositurale in occasione dell’ampliamento del transetto e collocato sul lato sinistro del porticato centrale. Il progetto di recupero e restauro dell’edificio venne affidato all’architetto Marco Dezzi Bardeschi. L’architetto lasciò ampie tracce dell’evento rovinoso (in molti ambienti si evidenziano pareti annerite e muri scrostati) garantendo però le condizioni funzionali per il riuso e la conservazione di quanto possibile ed introducendo originali elementi innovativi, come la nuova scala a pianta ellittica, che ben si armonizzano con la fisionomia antica. Per fortuna il salone centrale non aveva subito grandi danni e anche lo splendido lampadario in cristallo di Murano ha potuto essere recuperato. I lavori si protrassero per alcuni anni e solo nell’aprile del 1999 la Villa poté essere riaperta e restituita alla città. L’anno successivo la Villa divenne sede del Municipio e tutti gli uffici comunali vennero trasferiti qui dal palazzo di piazza Mazzini. In questi ultimi anni la destinazione dei vari ambienti è cambiata più volte. Ad esempio, come sala consiliare venne usato dapprima il salone del piano terreno, ma qualche anno dopo si passò al salone del piano soprastante. Continuamente vengono attuati interventi di manutenzione che mirano a conservare lo storico palazzo sempre in buone condizioni, coniugando le esigenze di funzionalità con la salvaguardia degli aspetti storico-artistici.
I giorni nostri