Padre Damiano Noè
(1937-2004)
editing Roberto Bottiani

Giovanni Noè (Giannino per la famiglia e gli amici) nasce a Castano Primo il 5 dicembre 1937 da Cesarina e Carlo Noè, è il maggiore dei quattro figli della coppia.
A Castano, allora paese ancora agricolo circondato da campi, boschi e fresche “rogge” alimentate dal canale Villoresi, Giovanni trascorre un’infanzia serena, frequentando le Scuole Elementari e alternando allo studio il lavoro nei campi.
A tredici anni, improvvisa e decisa, la vocazione.
Nel luglio 1950, infatti, Giovanni lascia Castano Primo per entrare nel Seminario dei Cappuccini Missionari di Vigevano, dove incomincia un lungo viaggio segnato da un forte desiderio: essere un giorno missionario.
Qui inizia a frequentare le Scuole Medie, e già emergono l’intelligenza brillante e la tenacia nell’impegno; poi la IV e V ginnasio nel Convento dei Cappuccini di Varzi, entra in noviziato a Castellazzo Bormida dove veste l’abito cappuccino il 17 luglio 1955.
Porta a termine gli studi classici (triennio di Liceo Classico) a Novara (1956–59) e gli studi teologici a Torino (1959 –63).
Ma questo a lui non basta.
Ordinato sacerdote a Novara il 17 marzo 1963, Padre Damiano vuole costruirsi una preparazione specifica utile alla vita missionaria, alla quale si sente chiamato sempre con più forza.
Si laurea a pieni voti in Geologia, nel 1967, presso la Facoltà di Scienze di Napoli e affianca a questa una preparazione tecnica specifica, conseguendo anche i brevetti di meccanico e di elettricista.
Finalmente, il 26 settembre 1967, la partenza per il Congo.
La prima Missione è a Pandu, dove rimane per 10 anni (1967-1977).
Così lui stesso rievoca, nel suo diario, questo periodo: “Vita da primitivi, vita da pionieri, ma tutto questo mi faceva sentire molto vicino ai miei neri. Vivevo, lavoravo, mangiavo e dormivo proprio come loro e alla fine neppure più si meravigliavano, anche se ero l’unico bianco in mezzo a loro”.
Dopo Pandu passa alla Missione di Bili (1977-1988), qui Padre Damiano trascorre altri 10 anni molto intensi.
Dopo la persecuzione religiosa degli anni ‘70 da parte dello Stato (ricordiamo il dittatore Mobutu), tutto è da organizzare: le scuole, le cooperative agricole, le promozioni artigianali, gli scambi commerciali. Padre Damiano non solo opera attivamente nell’organizzazione e nella ricostruzione ma da’ sfogo anche al suo gusto artistico nella ristrutturazione della vecchia chiesa ormai cadente.
Ne esce una delle più belle costruzioni della regione.
In questo periodo scrive anche, testo importantissimo, il dizionario della lingua Mono, lingua della tribù di Bili. E’ un lavoro che lo impegnerà per tre anni.
Proprio a partire da questo dizionario, in collaborazione con i protestanti, incomincia la traduzione della Bibbia nella lingua Mono.
Purtroppo questo lavoro rimarrà incompiuto a causa dello scoppio di una nuova guerra nella regione.
Nel 1977 Padre Damiano viene nominato Superiore Regolare dei Padri Italiani.
Nel 1988 viene trasferito a Bosobolo, zona collinosa e malsana dove la gente si ammala e muore perché nei villaggi manca l’acqua potabile.
In questa regione un altro missionario, Padre Callisto Carozzo, aveva iniziato, con l’aiuto della manodopera indigena, una grande opera di sviluppo sociale e di prevenzione sanitaria, la realizzazione di un acquedotto per canalizzare le acque di sorgenti lontane.
Padre Damiano da’ un apporto tecnico e organizzativo determinante nella realizzazione di 20 km di tubature per portare acqua potabile gratuita ai circa 15.000 abitanti della cittadina di Bosobolo e dei villaggi circostanti.
Anche dall’Italia e da Castano giungono gli aiuti: gran parte delle tubature, la rubinetteria, i giunti e i filtri sono forniti grazie alle nostre fabbriche.
Per questa opera, “Eau potable pour tous”, i missionari e la gente del luogo ricevono l’elogio ufficiale del Presidente del Congo.
Il ringraziamento più bello e appagante è però quello delle donne del luogo, non più costrette a portare sulla testa, per grandi distanze, i recipienti con l’acqua, spesso con anche il peso dei bambini piccoli appesi alla schiena.
A Bosobolo, dal 1989 al 1991, opera accanto a Padre Damiano un altro nostro concittadino: Padre Timoteo Astradi.
Dopo trent’anni di vita e di attività donati all’Africa e alla sua gente, Padre Damiano, per gravi motivi di salute, è costretto a rientrare in Italia.
E’ il dicembre del 1997 e lui ha 60 anni.
Gli è di conforto e di gioia vedere, sono parole sue, “non solo le realizzazioni materiali, ma le persone che hai potuto formare, i figli della loro terra. Sono loro che continueranno, anche meglio di noi, il lavoro che il Signore ci ha dato da fare nella sua vigna”.
Ritornato in Italia, Padre Damiano, mentre affida alle cure mediche il suo fisico ormai compromesso, prosegue nelle sua attività sempre creative ed operose.
A Novara, nel convento di San Nazzaro, e ad Arona, a Villa Picco, lascia una grande testimonianza di amore e di servizio al prossimo.
A Villa Picco, in particolare, compie un’accurata ricerca storica, che copre il periodo dal 1500 al 1800 (fino all’invasione Napoleonica), sulla presenza dei Cappuccini in territorio aronese.
Le sue condizioni fisiche si aggravano in modo irreparabile.
Padre Damiano muore nella casa paterna, a Castano Primo, l’8 gennaio 2004.
Attraverso queste parole, affida a noi la sua serenità e la sua pace di sempre:
“ In questi giorni di ospedale sono sereno e disposto in modo particolare a fare la volontà di Dio e glielo ripeto come una giaculatoria insieme ai Kyrie Eleison.
Maria, Giuseppe, Francesco, Chiara e Damiano dei lebbrosi di Molokai, restatemi vicino e aiutatemi a conservare la fede, l’amore e la pace del cuore anche in questa prova.
E se fosse l’ultima prova accompagnatemi voi davanti al Padre. Amen.
(dal testamento spirituale di Padre Damiano Noe’ – 17 novembre 2002, festa di Santa Elisabetta).
Padre Paolo Noè
(1918-2007)

“Paulen Buscaa, fio dil Pedar da Buscaa” (Paolino di Buscate, figlio di Pietro da Buscate),
così lui stesso si definiva, nasce a Castano Primo da Pietro Noè e Angela Paccagnini il 12 novembre 1918.
Fin da bambino dimostra una forte inclinazione per la vita consacrata, al punto che all’età di 11 anni, il 29 settembre del 1929, entra nel seminario del PIME a Treviso.
E’ piccolo, gracile ma riflessivo e molto intelligente.
Distinguendosi da subito negli studi, acquisisce una formazione di base completa che gli permetterà di affrontare i corsi di teologia, nel seminario di Monza, e di filosofia a Milano.
Il 20 settembre 1941 è ordinato presbitero a Milano dal cardinale Alfredo Ildefonso Schuster e viene assegnato, in qualità di assistente, ad alcune parrocchie della città (via Padova, Santa Maria Rossa) e delle zone alla periferia di Milano (Cassina dè Pecchi, Figino).
Successivamente viene chiamato a ricopre la carica di vice Rettore al seminario teologico di Milano.
La sua vocazione per la vita missionaria però si fa sempre più chiara e urgente.
Secondo le regole del PIME, i figli unici maschi in famiglia (padre Paolo aveva una sola sorella, Giovanna), erano vincolati dal dovere di rimanere in Italia per assistere, nella vecchiaia i genitori.
Per questo motivo chiede il permesso di partire sia al cardinale che al Papa.
In attesa della dispensa papale, padre Paolo, oltre che far pratica come meccanico presso l’Alfa Romeo, durante le sue passeggiate in Milano , incomincia ad osservare e imprimersi nella memoria le forme architettoniche e i particolari delle chiese sia antiche che nuove, presagio, per così dire, della sua chiamata in terra birmana ad essere costruttore di case per Dio ma anche per gli uomini.
Finalmente arriva la notizia della partenza per la missione: destinazione Birmania (oggi Myanmar).
Così il 23 marzo 1948, festeggiato dai parrocchiani, padre Paolo prende il treno alla stazione di Castano Primo, diretto prima a Milano e poi a Genova.
Da qui s’imbarca, con altri missionari e missionarie sul piroscafo Taurinium che lo porterà, facendo alcune tappe e passando attraverso il canale di Suez, all’isola di Ceylon.
Quindi procede per Madras, Calcutta ed alla fine, dopo 45 giorni di viaggio, raggiunge con altri dieci padri la città di Rangoon, capitale della Birmania. E’ il maggio del 1948.
La sua destinazione iniziale, prima come assistente e poi come parroco è il villaggio di Yadò (missione di Toungoo) dove rimane fino al 1962.
Viene successivamente trasferito, nella funzione di parroco, a Dorokho (diocesi di Taunggyi), dove rimane per due anni, e successivamente nella parrocchia di Loikaw (stessa diocesi) per altri due anni.
Oltre a quella di parroco, dal maggio del 1962 all’aprile del 2000 (anno di chiusura della circoscrizione birmana), ricopre la carica di Superiore Generale del PIME in Birmania.
Dal 1966 al 1998 è anche parroco a Huari (diocesi di Taunggyi).
Nel 1998, all’età di 80 anni, lascia la sua responsabilità di parroco, mantenendo però quella di coadiutore.
In tutti questi anni padre Paolo svolge con grande amore e dedizione ogni sua attività missionaria, come ultimo tra gli ultimi (le minoranze etniche birmane venivano pesantemente discriminate e perseguitate dal governo centrale).
Parallelamente a questa, da buon figlio di muratori, promuove ed insegna a svolgere un’intensa attività manuale.
In tutti i luoghi nei quali viene inviato ne approfitta per unire all’attività pastorale la costruzione di case, chiese, scuole ed orfanotrofi.
Dopo un’esistenza così intensamente vissuta a donata al prossimo, padre Paolo si spegne serenamente a Huari, il 29 marzo 2007 e qui viene sepolto, come da sua volontà.
Nella sua vita, ha trascorso solo 11 anni continuativi a Castano Primo, altri 12 in Italia, mentre ne ha intensamente vissuti ben 59 in Myanmar.
Per questo possiamo definirlo, oltre che indubbiamente un autentico missionario, anche come un “castanese birmano”.
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a cura di Stefano Jemma |
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