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Roberto Bottiani
Roberto Bottiani
E' compito sentito e nobilissimo di BELLEZZE d'ITALIA esaltare attraverso le sue pagine le maggiori e migliori industrie italiane, soprattutto quelle che per la loro speciale natura attingono le proprie energie dalla nostra terra e dai nostri uomini.
Una fra le prime é quella della seta. Industria prettamente nazionale che conta sette secoli di vita gloriosa, l'unica sempre vissuta indipendente, alimentata dalle materie prime coltivate e prodotte nel nostro suolo, quella che, per avere sempre largamente esportato i suoi prodotti e fatta affluire in Italia aurea valuta, ha esercitato una preponderanza non indifferente sulla Economia Nazionale.
Argomento interessante, dunque, non soltanto per gli italiani, ma altresì per gli stranieri che, oltre ad ammirare le bellezze del nostro cielo e dei nostri mari, devono apprezzare la feconda attività nostro lavoro. Non sarà quindi inopportuno fare una rapida corsa attraverso la storia di questa Industria conosciuta e praticata in Italia prima che in ogni altra regione d’Europa.
Il preziosissimo insetto che offre il suo sottile filo per la preparazione delle stoffe, sogno ambito delle nostre Signore, ci venne dall' Estremo Oriente e precisamente dal paese che gli antichi chiamarono Serica, confinato, come dice Plinio, tra gli Indi e gli Sciti.
L’epoca precisa in cui fu adoperata per la prima volta la seta, la storia non dice.
Troviamo qualche accenno nella Bibbia, ma non è sicuro che si voglia indicare tale prodotto; certo è però che Erodoto e Senofonte parlano di abiti costosissimi usati alla corte di Persia e nessun dubbio, data l’ubicazione del territorio vicinissimo al primo luogo di produzione, che si tratti di abiti costituiti da stoffe per la maggior parte intessute di seta.
Nei tempi più remoti veniva importata, per mezzo di carovane, dall' India e dalla Persia in Grecia.
Questa la mandava a Roma, dove per il lusso imperiale e il gusto raffinato delle donne (che sfilacciavano i tessuti provenienti dalle Indie per farne vesti sottili e trasparenti si da nascondere il meno possibile le loro forme, tal quale come nel 1924) era desideratissima e si vendeva a peso d'oro (una libbra di seta per una libbra d'oro).
Nel 505 due missionari, tornati dai luoghi dove conobbero il metodo di coltivare ed educare i bachi da seta, presentarono all’Imperatore Giustiniano alcuni semi, che i due furbi frati avevano portati nascosti nell'interno dei loro bastoni.
Fu cosi introdotto e coltivato nel Peloponneso ed in Grecia, donde nel 1200 Ruggero, Re di Sicilia, dopo una incursione guerresca, trasse nella nostra Isola i semi dei gelsi e la coltura dei bachi.
Da qui si propagò in Calabria e nel Napoletano ove fino alla metà del secolo scorso fiorirono Filande Seriche ed allevamenti. Nel resto d'Italia si diffuse lentamente divenendone però la fonte principale di ricchezza.
Gia nel 1423, Firenze esentava dal dazio la foglia del gelso e nel 1440 ordinava a tutti proprietari di terreno di piantare almeno cinque alberi. In questa epoca si contavano nella Metropoli Toscana ben ottanta fabbriche di drapperie di seta e l’arte dei Setaioli era tenuta in gran pregio si da farne una corporazione privilegiata con la sua brava insegna (una porta rossa in campo bianco).
Le Manifatture seriche furono prosperose anche a Venezia ed a Lucca dove erano tanto gelosi del loro metodo di filatura che si giunse perfino a minacciare la pena capitale per gli operai che ne avessero svelato il segreto.
La laboriosa Lombardia conquistò presto il primato. Nel 1470 una grida impose che per cento pertiche di terreno si coltivino almeno cinque gelsi; ed un’altra di notificare il quantitativo esistente e di cedere la foglia ad equo prezzo al maestro di seta, quando non si volesse nutrire i bachi per proprio conto.
Anche Ludovico Sforza pare avesse mangiato... la foglia, perchè iniziò una folta piantagione di gelsi nel suo parco di Vigevano conquistandosi il titolo di Ludovico il moro, dal colore del dolce frutto che l’albero produce.
La coltivazione si intensificò talmente in Lombardia che in una cronaca comasca del 1507 il Muralto ci dice come le campagne intorno a Milano ed a Como dessero l’idea di una foresta di gelsi.
Una fra le prime é quella della seta. Industria prettamente nazionale che conta sette secoli di vita gloriosa, l'unica sempre vissuta indipendente, alimentata dalle materie prime coltivate e prodotte nel nostro suolo, quella che, per avere sempre largamente esportato i suoi prodotti e fatta affluire in Italia aurea valuta, ha esercitato una preponderanza non indifferente sulla Economia Nazionale.
Argomento interessante, dunque, non soltanto per gli italiani, ma altresì per gli stranieri che, oltre ad ammirare le bellezze del nostro cielo e dei nostri mari, devono apprezzare la feconda attività nostro lavoro. Non sarà quindi inopportuno fare una rapida corsa attraverso la storia di questa Industria conosciuta e praticata in Italia prima che in ogni altra regione d’Europa.
Il preziosissimo insetto che offre il suo sottile filo per la preparazione delle stoffe, sogno ambito delle nostre Signore, ci venne dall' Estremo Oriente e precisamente dal paese che gli antichi chiamarono Serica, confinato, come dice Plinio, tra gli Indi e gli Sciti.
L’epoca precisa in cui fu adoperata per la prima volta la seta, la storia non dice.
Troviamo qualche accenno nella Bibbia, ma non è sicuro che si voglia indicare tale prodotto; certo è però che Erodoto e Senofonte parlano di abiti costosissimi usati alla corte di Persia e nessun dubbio, data l’ubicazione del territorio vicinissimo al primo luogo di produzione, che si tratti di abiti costituiti da stoffe per la maggior parte intessute di seta.
Nei tempi più remoti veniva importata, per mezzo di carovane, dall' India e dalla Persia in Grecia.
Questa la mandava a Roma, dove per il lusso imperiale e il gusto raffinato delle donne (che sfilacciavano i tessuti provenienti dalle Indie per farne vesti sottili e trasparenti si da nascondere il meno possibile le loro forme, tal quale come nel 1924) era desideratissima e si vendeva a peso d'oro (una libbra di seta per una libbra d'oro).
Nel 505 due missionari, tornati dai luoghi dove conobbero il metodo di coltivare ed educare i bachi da seta, presentarono all’Imperatore Giustiniano alcuni semi, che i due furbi frati avevano portati nascosti nell'interno dei loro bastoni.
Fu cosi introdotto e coltivato nel Peloponneso ed in Grecia, donde nel 1200 Ruggero, Re di Sicilia, dopo una incursione guerresca, trasse nella nostra Isola i semi dei gelsi e la coltura dei bachi.
Da qui si propagò in Calabria e nel Napoletano ove fino alla metà del secolo scorso fiorirono Filande Seriche ed allevamenti. Nel resto d'Italia si diffuse lentamente divenendone però la fonte principale di ricchezza.
Gia nel 1423, Firenze esentava dal dazio la foglia del gelso e nel 1440 ordinava a tutti proprietari di terreno di piantare almeno cinque alberi. In questa epoca si contavano nella Metropoli Toscana ben ottanta fabbriche di drapperie di seta e l’arte dei Setaioli era tenuta in gran pregio si da farne una corporazione privilegiata con la sua brava insegna (una porta rossa in campo bianco).
Le Manifatture seriche furono prosperose anche a Venezia ed a Lucca dove erano tanto gelosi del loro metodo di filatura che si giunse perfino a minacciare la pena capitale per gli operai che ne avessero svelato il segreto.
La laboriosa Lombardia conquistò presto il primato. Nel 1470 una grida impose che per cento pertiche di terreno si coltivino almeno cinque gelsi; ed un’altra di notificare il quantitativo esistente e di cedere la foglia ad equo prezzo al maestro di seta, quando non si volesse nutrire i bachi per proprio conto.
Anche Ludovico Sforza pare avesse mangiato... la foglia, perchè iniziò una folta piantagione di gelsi nel suo parco di Vigevano conquistandosi il titolo di Ludovico il moro, dal colore del dolce frutto che l’albero produce.
La coltivazione si intensificò talmente in Lombardia che in una cronaca comasca del 1507 il Muralto ci dice come le campagne intorno a Milano ed a Como dessero l’idea di una foresta di gelsi.
Qui sorsero le prime rudimentali macchine per filatoi inventate da Ser Borghesano da Bologna per arrivare con fortunata ascesa alla perfezione dei macchinari moderni pulsanti nei numerosi Stabilimenti sorti nei dintorni della Metropoli Lombarda.
Nel periodo prebellico si contavano in Italia circa 2000 imprese con 175.000 operai che si occupavano dell’Industria Serica. Erano attive 850 filande con 60.000 bacinelle, circa 100.000 fusi per filato e quasi altrettanti per ritorto, 13.000 telai meccanici oltre a 100 Stabilimenti circa specializzati nella preparazione del seme bachi con più di 3900 operai, senza contare tutte le altre persone che si dedicano all’allevamento dei bachi in quella forma casalinga e tradizionale ancora esistente in Italia.
Durante la Guerra, la mancanza di mano d'opera nelle campagne, dove le donne rimaste non erano sufficienti alle coltivazioni più importanti, di capitali richiamati dagli alti guadagni delle industrie produttrici di materiale bellico e altre ovvie ragioni segnarono un regresso nell'industria serica. Oggi però notiamo un vivace risveglio e tanti Stabilimenti che si erano chiusi o avevano ridotto la loro produzione si riaprono alla vita.
Molti fra questi devono il loro rigoglioso incremento alla fattiva e coraggiosa intraprendenza del Comm. Giuseppe Rusconi, un uomo che nel campo dell’Industria serica ha acquistato benemerenze indiscutibili.
E poichè egli rappresenta un’audace affermazione volitiva della nostra razza, un dinamico e strenuo difensore di una Industria difficile, ma importante, pericolosa, ma schiettamente italiana, noi, non per meschina adulazione, ma per dovere d’italiani coscienti verso un Italiano valoroso ci fermiamo ad esaminare la vita e le opere di questo uomo perché esso rappresenta un fulgido esempio di attività e di tenacia degno di essere posto tra i tipi che lo Smiles ha descritto nel suo mirabile libro.
Nel periodo prebellico si contavano in Italia circa 2000 imprese con 175.000 operai che si occupavano dell’Industria Serica. Erano attive 850 filande con 60.000 bacinelle, circa 100.000 fusi per filato e quasi altrettanti per ritorto, 13.000 telai meccanici oltre a 100 Stabilimenti circa specializzati nella preparazione del seme bachi con più di 3900 operai, senza contare tutte le altre persone che si dedicano all’allevamento dei bachi in quella forma casalinga e tradizionale ancora esistente in Italia.
Durante la Guerra, la mancanza di mano d'opera nelle campagne, dove le donne rimaste non erano sufficienti alle coltivazioni più importanti, di capitali richiamati dagli alti guadagni delle industrie produttrici di materiale bellico e altre ovvie ragioni segnarono un regresso nell'industria serica. Oggi però notiamo un vivace risveglio e tanti Stabilimenti che si erano chiusi o avevano ridotto la loro produzione si riaprono alla vita.
Molti fra questi devono il loro rigoglioso incremento alla fattiva e coraggiosa intraprendenza del Comm. Giuseppe Rusconi, un uomo che nel campo dell’Industria serica ha acquistato benemerenze indiscutibili.
E poichè egli rappresenta un’audace affermazione volitiva della nostra razza, un dinamico e strenuo difensore di una Industria difficile, ma importante, pericolosa, ma schiettamente italiana, noi, non per meschina adulazione, ma per dovere d’italiani coscienti verso un Italiano valoroso ci fermiamo ad esaminare la vita e le opere di questo uomo perché esso rappresenta un fulgido esempio di attività e di tenacia degno di essere posto tra i tipi che lo Smiles ha descritto nel suo mirabile libro.
La più grande filanda di Europa - Lo Stabilimento di Sedriano
GIUSEPPE RUSCONI , che oggi può portare il titolo di Re della Seta, si e formato da sé. Aveva ventiquattro anni, quando con non troppi quattrini e molte speranze, ma sopratutto con tantissima volontà impiantò il primo Stabilimento a Castano Primo. Ad esso egli dedicò tutto l'entusiasmo della gagliarda giovinezza sì da renderlo in breve ristretto alla sua esuberante attività, cosicchè qualche anno dopo potè costruire i due Stabilimenti di Robecchetto e di Malvaglio.
Acquistò in seguito la Filanda Sormani, quella dei Fratelli Ronchetti di Castano Primo, ed un'altra ne riattivò a Casate Ticino.
Ma qui non si arresta la sua formidabile attività. Nel momento in cui l'industria serica pareva soccombere a crisi d’eccezionale gravità, assume gli Stabilimenti di Vittuone, Appiano, Arcellasco, ed infine fa sorgere nello scorso anno il grandioso Stabilimento di Sedriano, magnifico capolavoro del genere in cui tutto è curato con grande signorilità e con i criteri tecnici più perfetti; dall’architettura sobria ed elegante che gli dà l’aria di un grazioso villaggio industriale, al macchinario scelto con sensi della più appropriata modernità; dalla distribuzione razionale dei locali, alla meticolosa cura dell’igiene per gli operai. Egli vi fece costruire perfino un impianto speciale col quale l’aria degli ambienti viene riscaldata o rinfrescata secondo la stagione e il bisogno e cambiata automaticamente ogni cinque minuti.
Per dare un’idea approssimativa della grandiosità di questo Stabilimento, che, senza tema di smentita può essere dichiarato i il più importante d’Europa, basti dire che esso contiene dei saloni capaci di 700 operai.
Né l’attività del Rusconi si svolge solo nell’industria, dove ha raggiunto un posto eminentissimo coi suoi dodici Stabilimenti che danno lavoro a più di 3000 operai, con un rendimento di produzione annua superante i cento milioni.
Ma egli volge il suo pensiero al benessere degli operai e delle popolazioni, facendo sorgere attorno agli
Stabilimenti che costruisce graziose villette per l’alloggio degli impiegati, asili infantili per i figli degli operai, ed altre istituzioni di beneficenza, profondendovi ingenti somme con la signorilità affabile, col gesto semplice di chi dona senza umiliare, di chi crea per nobilitare,nella gioia del benessere e del lavoro .
Oggi GIUSEPPE RUSCONI governa, si può dire, un mercato italiano dei più difficili sul cui svolgimento incombono fattori eterogenei, col tatto e l’intuito dell’uomo che ha fatto tesoro degli insegnamenti offerti da una realtà vissuta e valutata.
Tanto lavoro audace, tanta attività, tanto coraggio hanno contribuito allo sviluppo ed al consolidamento di una industria vitale per l’Italia, industria che nelle sue molteplici esplicazioni dipende dal variare della moda, dalla raccolta più o meno abbondante dei bachi da seta, soggetti, come ognuno sa, a malattie epidemiche, dalla concorrenza della seta orientale a quella della seta artificiale e ad altre cause d'indole economica, che non è nostro compito, in queste pagine, enumerare.
Solo ci sia concesso dire, ad onore degli sforzi cui tende l’Italia per nazionalizzare sempre più le sue Industrie, che, mentre fino a pochi anni fa erano capitali e Ditte straniere che sovvenzionavano i nostri produttori, oggi i finanzieri italiani hanno compreso la necessità di impegnare le proprie forze in una industria che merita di essere sostenuta ed appoggiata, che per la sua importanza - per le diverse classi di cittadini cui dà vita e lavoro - deve essere sottratta ad ingerenze straniere, in una industria infine che
pur essendo forse fra le meno note al gran pubblico può avere il vanto di essere stata la prima e vera industria italiana, che tanti popoli ci invidiano, che è gloria nostra dai tempi dell’umile filatoio fiorentino a quelli attuali, fervidi ed operosi di volontà e di macchine.
La seta, arte ed industria italiana; fede e tenacia nostre, storia gloriosa che va dai mercatanti coraggiosi ed accorti che correvano l’Europa portando le loro merci preziose nelle piazze di Spagna, di Francia, di Fiandra, nel Palatinato, in Polonia, a Moscovia, alla breve e forte schiere d’industriali che oggi ignorata e silenziosa combatte e vince formidabili lotte per la prosperità di intere regioni, per la grandezza del Paese.
Se la gente d’Italia dovesse cercare uno stemma gentilizio, un’insegna che caratterizzasse la sua industria come una marca di nobiltà potrebbe cercare i suoi simboli non nelle fumanti ciminiere, o nei magli possenti, o nelle fragorose officine, ma nell’arte della seta, simbolo di grazia e di gentilezza; così come Alessandro Manzoni, il poeta degli affetti dolci e sereni, immaginò la sua Lucia, soave e delicata artefice di seta.
Oggi il prezioso filato varca le frontiere; le seriche vesti, i tessuti finissimi, gioia e tormento femminile, i veli vaporosi e leggeri recano nel mondo l’operosità e la tenacia del nostro lavoro, i prodotti del nostro ingegno, i segni della nostra vitalità indistruttibile e dicono che dove la forza si unisce alla grazia, dove l’intelligenza si sposa alla bellezza ivi è l’anima latina; e ripetono senza posa agli ignari ed agli immemori il nome santo della gran Madre nostra: l'Italia.
Tanto lavoro audace, tanta attività, tanto coraggio hanno contribuito allo sviluppo ed al consolidamento di una industria vitale per l’Italia, industria che nelle sue molteplici esplicazioni dipende dal variare della moda, dalla raccolta più o meno abbondante dei bachi da seta, soggetti, come ognuno sa, a malattie epidemiche, dalla concorrenza della seta orientale a quella della seta artificiale e ad altre cause d'indole economica, che non è nostro compito, in queste pagine, enumerare.
Solo ci sia concesso dire, ad onore degli sforzi cui tende l’Italia per nazionalizzare sempre più le sue Industrie, che, mentre fino a pochi anni fa erano capitali e Ditte straniere che sovvenzionavano i nostri produttori, oggi i finanzieri italiani hanno compreso la necessità di impegnare le proprie forze in una industria che merita di essere sostenuta ed appoggiata, che per la sua importanza - per le diverse classi di cittadini cui dà vita e lavoro - deve essere sottratta ad ingerenze straniere, in una industria infine che
pur essendo forse fra le meno note al gran pubblico può avere il vanto di essere stata la prima e vera industria italiana, che tanti popoli ci invidiano, che è gloria nostra dai tempi dell’umile filatoio fiorentino a quelli attuali, fervidi ed operosi di volontà e di macchine.
La seta, arte ed industria italiana; fede e tenacia nostre, storia gloriosa che va dai mercatanti coraggiosi ed accorti che correvano l’Europa portando le loro merci preziose nelle piazze di Spagna, di Francia, di Fiandra, nel Palatinato, in Polonia, a Moscovia, alla breve e forte schiere d’industriali che oggi ignorata e silenziosa combatte e vince formidabili lotte per la prosperità di intere regioni, per la grandezza del Paese.
Se la gente d’Italia dovesse cercare uno stemma gentilizio, un’insegna che caratterizzasse la sua industria come una marca di nobiltà potrebbe cercare i suoi simboli non nelle fumanti ciminiere, o nei magli possenti, o nelle fragorose officine, ma nell’arte della seta, simbolo di grazia e di gentilezza; così come Alessandro Manzoni, il poeta degli affetti dolci e sereni, immaginò la sua Lucia, soave e delicata artefice di seta.
Oggi il prezioso filato varca le frontiere; le seriche vesti, i tessuti finissimi, gioia e tormento femminile, i veli vaporosi e leggeri recano nel mondo l’operosità e la tenacia del nostro lavoro, i prodotti del nostro ingegno, i segni della nostra vitalità indistruttibile e dicono che dove la forza si unisce alla grazia, dove l’intelligenza si sposa alla bellezza ivi è l’anima latina; e ripetono senza posa agli ignari ed agli immemori il nome santo della gran Madre nostra: l'Italia.